martedì 27 ottobre 2009

Prometeo

Non si può chiamare "racconto", non si può chiamare testo epistolare, e-mail. Pagina di diario: forse. Sto parlando di Prometeo!
Eccolo a voi, ma.....
E su, commentate!!!!



PROMETEO



13/4/1998 Oggi è Lunedì in Albis, giorno di pasquetta.
Ho una strana sensazione addosso, per quanto non sconosciuta: mi sento come uno che deve dire delle cose e non sa a chi dirle, su come si sente, su ciò che crede. Ho aperto, così, questo file dove posso parlare a me stesso. Almeno io ho la pazienza di ascoltarmi. La musica incessante di un cd comprato in edicola sottolinea con la sua pacatezza non disgiunta da un senso d’inesorabilità e di voglia di penetrare con le sue note nell’aria intorno, per essere ancora più chiara a se stessa, viva perché ha qualcosa da dire… Questa musica un po’ melanconica, priva d’alti e bassi ma capace di farsi udire grazie al suo essere incessante, diversa ed uguale ad ogni periodo, questa musica mi ricorda me, me che devo andare avanti, avanti, senza speranza di essere compreso, senza speranze d’approdi, senza che si possa trovare nemmeno in se stessi una propria soluzione a ciò che fora l’anima che, ovunque ricercato, pure è sfuggito ad ogni percezione, Graal dell’intimo di uno spirito del terzo millennio che continua a sottrarsi al tocco impuro anche del più nobile dei cavalieri.
Ma si sa, la grandezza dei temi del ciclo del Graal è nella spinta alla ricerca, nella fede nella propria missione, modesta parte di un compito ultraindividuale e ultratemporale. Il vello d‘oro può anche non essere mai esistito, e non per questo non compie miracoli nelle anime di chi lo insegue, eppure… occorre conservare l’innocenza e la verginità che in esso creano il potere nobilitante che ne fanno qualcosa d’unico, come unico è chiunque da esso fascinato, forte nella fede e speranzoso nel futuro.
Ma ora…
Occorre mettere riparo, arginare le ampie falle da cui la fresca e cristallina acqua irrompe per strappare al Titanic la sua maestosa postura, adagiato sui flutti, fino ad ottenerne il ridicolo sollevamento della poppa, antifona dell’ultimo atto di una gloriosa ma breve vita.
La vita di un Titano non può spegnersi senza che si spengano quelle di chi ad esso erano affidati, ed idealmente si spengono pure quelle di chi avrebbero potuto con lui navigare in futuro. Ma poco male: è nel disegno della natura che gl’individui soccombano, le popolazioni siano sterminate, le specie lascino il posto ad altre specie, che mondi muoiano mentre nuove stelle nascono, dando la vita ad insospettate forme viventi, inusitate intelligenze… anch’esse destinate a misurarsi con l’azione calma e diabolica del Tempo. Ed il tempo, quando la materia sarà collassata in un’unica sfera senza dimensione, anche il tempo cesserà di esistere.
Ed io qui, lontano da tutto questo, pure ne faccio parte, come un pidocchio che non si chiede del cane su cui prospera, ma pure subisce le conseguenze dell’agire del cane, oggetto troppo più grande di lui per cadere sotto i suoi sensi, per essere nei suoi pensieri, ma il cui movimento di una zampa può irrimediabilmente provocarne la morte, perché questo mostro di un cane gli dà la vita, perché lontano da lui o da un altro animale, nella polvere, per terra, non ha alcuna possibilità di sopravvivenza.
Non so come considerare gli altri pidocchi che, come d’altronde anche quelli che sperano in un conveniente comportamento del cane, a questo non pensano affatto, tanto non possono in alcun modo cambiare la sua e la loro sorte.
Ho sempre creduto che la consapevolezza sia un principio indiscutibile, eppure i pidocchi che non avvertono l’esistenza del cane vivono meglio e con meno pensieri.
Ma l’Uomo che nella preistoria viveva pochissimo, di stenti e sempre alla mercè delle belve non ha forse scoperto il Fuoco? E chi dei simili di quel Prometeo avrebbe mai sospettato che invece di una tigre dai denti a sciabola oggi ci si sarebbe dovuti difendere dal Cancro?
Quante bestie avranno già visto cadere un fulmine su di un albero, delle pietre spezzarsi con produzione di scintille… ma solo Chi si fosse abituato a giocare con la mente, in trastulli inutili, osservando le cose intorno a lui (o lei?) ed abituandosi a pensare in termini di causa-effetto, solo un vero Prometeo poteva illuminare la notte con la luce del gioco, del coraggio, del piacere di mostrare a se stesso il prodotto della propria creatività.
Ma prometeo è anche un uomo e vuole restare fra la sua gente, da cui si sente così lontano.
Se "parla solo di calcio e di donne, di membri lunghi tre spanne, dell’ulcera duodenale del salumiere, di tutte le corna del droghiere…" non ci sono problemi. Tutto va bene.
Ma poi?
Poi si stufa di questa interessante conversazione. Ci sono cose che lo divertono di più e lui deve divertirsi da solo e se trova qualcuno disposto a tentare di divertirsi con lui non sa nemmeno se sia per compiacenza.
Poi entra dentro di sé e non sa più che sta facendo, se serve a niente, se si diverte più.
Io ora so che ci sono cose che mi divertono che posso condividere con altri, cose che mi divertono che non riesco quasi a fare e che quindi mi divertono sempre meno, cose che mi divertono moltissimo che però ho scoperto che non posso fare perché mi conducono a sragionare, a percorrere labirinti affascinanti pieni di precipizi, dove l’acqua ti porta su eccitanti scoscese rapide, cascate dorate, poi rapide pericolose dove la velocità aumenta all’infinito in un labirinto di cunicoli dove devi rapidissimamente scegliere la direzione, poi verso l’ignoto, ma un ignoto pauroso di cui una volta hai assaporato l’assoluto gaudioso, un’altra volta quello doloroso, altre volte hai assaporato il brivido di essere sulla sua soglia.
Fortunatamente ho anche in qualche modo imparato a fermarmi molto prima delle rapide pericolose, ma ciò significa che se voglio vedere un film interessante devo accontentarmi di vederne l’inizio, per poter poi cominciare da capo solo con un film diverso, perché quel film che m’interessava prima, se ricomincio a vederlo, lo trovo misteriosamente cambiato, scialbo e senza alcuno dei possibili seguiti che prima avevo ravvisato.

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